AGOP, come tutto ebbe inizio
Vi raccontiamo come l’incontro con il piccolo Ibrahim fu il motore che portò mamma Benilde al perseguimento della missione di AGOP: garantire le migliori cure a tutti i bambini malati di tumore e migliorare la qualità di vita delle loro famiglie, senza lasciare nessuno indietro.
AGOP nasce nel 1977 dall’esperienza personale di un gruppo di genitori di bambini affetti da tumori e leucemie e di mamma Benilde, da sempre la nostra presidente. Sono anni difficili quelli, e avere un figlio malato di tumore significa affrontare impegnativi viaggi all’estero nella speranza di accedere a cure migliori; costretti a passare notti in auto o su sedie sdraio, e a confrontarsi con una narrazione della patologia oncologica infantile come innominabile ed incurabile.
E’ proprio durante il percorso di cure di sua figlia che Benilde incontra Ibrahim, un bimbo di origini libiche, anche lui ricoverato presso il reparto di Oncologia Pediatrica del Policlinico Gemelli: “Era entrato nella stanza di mia figlia per giocare, perchè anche lui in quel periodo stava affrontando le cure ma, a differenze degli altri bambini, nei momenti in cui stava bene non poteva andare a casa, non poteva uscire dall’ospedale perchè non avrebbe saputo dove andare, non aveva una famiglia.”
Ibrahim è da solo, senza i genitori accanto: le terapie sono lunghe e, tra alti e bassi, è costretto a passarle interamente in ospedale. Per ragioni politiche e di sicurezza la sua famiglia non può raggiungerlo perciò, per tutto il tempo delle cure, quel letto d’ospedale sarà la sua casa e chi lo circonda la sua famiglia. Chiuso tra le mura del reparto, nei periodi in cui si sente meglio, Ibrahim vuole giocare ed essere solo un bambino, trovando una compagna di giochi e marachelle quando viene spostato nella camera di Benilde e sua figlia.
“Ibrahim le insegna a non lasciare indietro nessuno, a costruire una famiglia per tutte le famiglie.”
Tra Benilde ed Ibrahim nasce un rapporto speciale, materno, pregno di cura e senso di responsabilità che la porterà a guardarsi intorno, cercando soluzioni a problematiche che rendono insostenibile un’esperienza già dolorosa.
“Per me era diventato quasi un altro figlio e me ne sentivo responsabile. Mi aveva dato questa sorta di patente di mamma e si aspettava da me che fossi per lui una madre. Mi chiedeva: “cosa succede quando si va in cielo?” ed io, cercando parole adatte ad un bambino dissi: “È come un palloncino che vola via: quando smetti di vederlo non significa che non c’è più”.
L’incontro con Ibrahim rappresenta un motore di cambiamento in un periodo di forte carenza di servizi dedicati alla presa in carico globale dei bambini malati di tumore e delle loro famiglie. Come un figlio da proteggere e sostenere, accende in lei il desiderio di mettersi a servizio di un causa comune: alleviare la sofferenza offrendo un trattamento della patologia oncologica globale e totalmente gratuito.
“Le notti in auto e le interminabili ospedalizzazioni lasciano il posto all’apertura di alloggi gratuiti nei pressi dei centri di cura”
“Il futuro di un bambino è adesso“, che diverrà la filosofia alla base di tutta l’attività di AGOP, appare così lampante agli occhi di Benilde nel momento in cui quel presente è messo a dura prova dalla malattia e dal modo in cui bambini e famiglie sono lasciati soli nell’ affrontarla. Laddove l’esperienza di sua figlia la scaglia in un mondo fino ad allora sconosciuto, mostrandole ogni sua sfaccettatura, Ibrahim le insegna a non lasciare indietro nessuno, a costruire una famiglia per tutte le famiglie.
Quando l’amore abbraccia la responsabilità adulta nasce la cura: un seme che necessita di costante attenzione e nutrimento. Nei suoi ormai 45 anni di attività, AGOP lavora incessantemente per intervenire sugli aspetti critici della patologia oncologica infantile, divenendo esempio di come, incredibilmente, la sofferenza personale possa mutare in esperienza riparativa e generativa.
Le notti in auto e le interminabili ospedalizzazioni lasciano il posto all’apertura di alloggi gratuiti nei pressi dei centri di cura, garantendo la possibilità di accedere alle terapie in modalità day-hospital, senza pesare economicamente sulle famiglie, e tutelando l’inviolabile diritto di un bambino di essere solo un bambino: di giocare, godere della propria famiglia e chiamare casa un vera casa.